LA MEDIAZIONE CIVILE E COMMERCIALE: LE TRATTATIVE DELLE PARTI TRA LIBERTA’ E LIMITI – dell’avv. Pamela Paviotti

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La mediazione è uno dei principali strumenti di A.D.R. (Alternative Dispute Resolution) previsti
all’interno dell’ordinamento italiano, unitamente all’arbitrato e alla negoziazione assistita, rispetto ai
quali rappresenta una “via di mezzo”.
A differenza della negoziazione assistita, alla quale partecipano solo le parti assistite dai rispettivi
avvocati, vi è infatti la presenza di un terzo, il mediatore, equidistante dalle parti e imparziale, che
cerca di favorire il dialogo e di supportare lo spontaneo raggiungimento di un accordo volto alla
composizione bonaria della controversia.
La mediazione si distingue dall’arbitrato, invece, per il fatto che, mentre l’arbitro decide in merito
alla controversia insorta tra le parti emettendo un lodo, il mediatore è assolutamente privo di poteri
decisori, essendo semplicemente chiamato a facilitare la comunicazione tra le parti in vista
dell’auspicato accordo.
In quest’ottica, il procedimento di mediazione è essenzialmente deformalizzato (cfr. art.3, comma 3,
D. lgs. 28/2010 e ss.mm.: “Gli atti del procedimento non sono soggetti a formalità”), anche se la
natura giuridica dei casi trattati ha imposto ovviamente un coordinamento con le norme del diritto
civile e con le norme del diritto di procedura civile, oltre che con principi di rango costituzionale.
In tal senso, quindi, si può dire che le trattative all’interno della mediazione siano caratterizzate da
una sostanziale libertà, pur vincolata al rispetto di una serie di limiti, al fine di rendere possibile un
reale e costruttivo dialogo tra le parti nella prospettiva del raggiungimento di un accordo condiviso e
soddisfacente per entrambe: in tal senso, principio cardine della riforma Cartabia è quello trasposto
all’interno del comma 4 del nuovo art.8 D. Lgs. 28/2010 e ss.mm. “Le parti partecipano
personalmente alla procedura di mediazione”.
I primi vincoli trovano il loro fondamento all’interno della stessa Costituzione, laddove è prescritta la
solidarietà e il rispetto della dignità umana (cfr. art.2 e art.3 Costituzione Italiana): il comportamento
delle parti e dei loro avvocati deve, infatti, essere sempre improntato alla buona fede e alla lealtà,
come più specificamente prevede anche il nuovo comma 6 dell’art.8 D. Lgs. 28/2010 (“Le parti e gli
avvocati che le assistono cooperano in buona fede e lealmente al fine di realizzare un effettivo
confronto sulle questioni controverse”).
Le parti hanno dunque la piena libertà di dialogare tra loro, esponendo il loro punto di vista e
avanzando eventuali proposte, che potranno poi essere confutate e vagliate altrettanto liberamente
dalla controparte. Ciò potrà avvenire tanto in sessioni comuni, che dovranno svolgersi ordinatamente
ed educatamente, nel rispetto di tutte le parti presenti, quanto in sessioni separate, particolarmente
utili non solo quando l’alta conflittualità impedisce un dialogo sereno, ma anche quando le parti
intendono sottoporre all’attenzione del mediatore delle questioni che vogliono mantenere riservate.
Le trattative tra le parti incontrano, però, un importante limite nell’oggetto della mediazione, che può
essere soltanto una controversia civile e commerciale, avente ad oggetto diritti disponibili, con
esclusione dunque di tutti i diritti indisponibili (es. diritto alla salute e all’integrità fisica, diritto alla
vita, diritto morale d’autore etc.).
Le parti non sono, invece, strettamente vincolate all’oggetto della mediazione come individuato dalla
domanda, nel senso che, nel corso delle loro trattative, possono ampliare la loro discussione anche ad

altre questioni, nonché individuare soluzioni creative e addivenire ad un accordo che travalica il
suddetto oggetto (es.: si pensi ad una semplice controversia di recupero crediti tra società: in tal caso,
anche al fine di rinnovare i rapporti pre-esistenti e la reciproca fiducia, le parti potrebbero trovare un
accordo che va oltre il semplice pagamento parziale dell’importo la cui debenza è contestata,
potendo ad esempio includere anche nuovi accordi commerciali).
L’individuazione dell’oggetto della mediazione all’interno della domanda è, tuttavia, estremamente
rilevante in una prospettiva di coordinamento con le norme del diritto civile e del processo civile: da
un lato, infatti, gli effetti interruttivi e sospensivi in merito alla prescrizione nonché l’impedimento
della decadenza si avranno solo ed esclusivamente con riferimento al diritto individuato quale
oggetto della mediazione; dall’altro, nel caso di mediazione obbligatoria, la condizione di
procedibilità si potrà considerare anch’essa avverata solo con riferimento alla controversia
individuata quale oggetto del procedimento.
Ne consegue che in ottica preventiva è sempre consigliabile riservare una particolare attenzione
all’individuazione dell’oggetto della controversia, dal momento che, da un lato, ciò consentirebbe di
prevenire eventuali eccezioni in sede di processo civile e, dall’altro, ciò non costituirebbe,
comunque, un ostacolo al libero evolversi delle trattative nell’ambito della procedura di mediazione.

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