PROFILI DI RESPONSABILITA’ CIVILE E TERREMOTO DE L’AQUILA – dell’avv. Giuseppe Piccardo

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Il terremoto dell’Aquila torna, purtroppo, d’attualità, con la notizia  di una decisione del Tribunale del capoluogo abruzzese, la numero 676 del 11 ottobre 2022, che  ha accertato la responsabilità degli eredi del costruttore, del Ministero dell’Interno e del Ministero delle Infrastrutture per i danni conseguenti al crollo di un palazzo, durante l’evento sismico del 2009,  riducendo, tuttavia, l’entità del risarcimento, in forza di un ravvisato concorso di colpa delle vittime per aver deciso, nonostante le scosse che avevano anticipato il sisma, di trascorrere la notte nelle abitazioni.

In punto di fatto, in considerazione della, purtroppo, nota vicenda oggetto della sentenza, ci si limiterà a precisare che nella notte del 6 aprile 2009, a seguito di ulteriore scossa di terremoto,  diverse persone morirono sotto le macerie di un palazzo risalente agli anno sessanta del secolo scorso.

Successivamente all’archiviazione del procedimento penale, a seguito dell’accertamento circa il fatto che il crollo dell’edificio, data l’intensità non anomala della scossa, era da imputare a gravi difetti di progettazione e costruzione dei fabbricati, gli eredi delle vittime instauravano quattro procedimenti sommari di cognizione, ai sensi dell’articolo 702 – bis c.p.c, al fine di ottenere il risarcimento di tutti i danni derivanti dalla morte dei propri congiunti, a seguito del sinistro, in forza degli articoli 2043, 2049 e 2055 c.c. dagli eredi del costruttore dell’edificio, del Ministero dell’Interno, del Ministero delle Infrastrutture e del Comune de L’Aquila e per aver realizzato o consentito di realizzare una costruzione difforme dalle prescrizioni normative e incapace di resistere a un sisma privo di carattere eccezionale.

I convenuti, costituitisi in giudizio, contestavano la propria responsabilità, per intervenuta prescrizione o, comunque, per infondatezza della domanda.

Il Tribunale de L’Aquila, previo richiamo delle disposizioni vigenti all’epoca dell’edificazione del palazzo e delle risultanze delle consulenze tecniche espletate nel corso del procedimento penale archiviato, dichiarava la responsabilità, per quanto accaduto, degli eredi del costruttore, del Ministero dell’Interno e del Ministero delle Infrastrutture, ritenendo violata la seguente normativa:

1) R.D.L. 16 novembre 1939, n. 2229 (“Norme per l’esecuzione delle opere in conglomerato cementizio semplice od armato”), in quanto il costruttore aveva commesso alcuni errori nell’edificazione del palazzo in cemento armato e la Prefettura (organo del Ministero dell’Interno), anche attraverso l’operato del tecnico incaricato, non aveva rilevato tali errori, rilasciando impropriamente la licenza d’uso;

2) Legge 25 novembre 1962 n. 1684Provvedimenti per l’edilizia, con particolari prescrizioni per le zone sismiche”, l’Ufficio del Genio Civile (organo del Ministero delle Infrastrutture) in quanto l’ufficio aveva negligentemente certificato la conformità della progettazione e della realizzazione dell’edificio alla normativa antisismica.

Tuttavia, seppur il Giudice abbia riconosciuto al responsabilità esclusiva dei soggetti sopra indicati, nella causazione del sinistro, il medesimo ha ravvisato un concorso di colpa delle vittime, ai sensi dell’articolo 1227 c.c.,  in forza del principio secondo il quale costituisce “obiettivamente una condotta incauta quella di trattenersi a dormire – così privandosi della possibilità di allontanarsi immediatamente dall’edificio al verificarsi della scossa – nonostante il notorio verificarsi di due scosse nella serata del 5 aprile e poco dopo la mezzanotte del 6 aprile”. Peraltro, il suddetto concorso di colpa, “tenuto conto dell’affidamento che i soggetti poi defunti potevano riporre nella capacità dell’edificio di resistere al sisma per essere lo stesso in cemento armato e rimasto in piedi nel corso dello sciame sismico da mesi in atto”,  è stato valutato nella  misura del 30%, con conseguente proporzionale riduzione dell’entità dei pregiudizi risarcibili.

La sentenza del Tribunale aquilano è conforme a precedenti, sul punto, del medesimo ufficio giudiziario, fatta eccezione per le considerazioni svolte in relazione al concorso di colpa, di cui si è accennato, ed in particolare in relazione ai seguenti profili giuridici:

  1. a) imputabilità alla Prefettura degli omessi rilievi del tecnico onerato delle verifiche di cui al citato D.L. 16 novembre 1939, n. 2229, sull’assunto che questi,  in considerazione dell’incarico svolto,  fosse un funzionario pubblico, restando irrilevante la sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato ( in questo senso, in particolare,Trib. Aquila 28 settembre 2018, n. 792; Trib. Aquila 8 febbraio 2019, n. 97; Trib. Aquila 16 agosto 2019, n. 616)
  2. b) la responsabilità del Ministero delle Infrastrutture e del Ministero dell’Interno per fatti colposi imputabili all’Ufficio del Genio Civile e alla Prefettura e realizzati prima che il D.P.R 15 gennaio 1972 n. 8 attribuisse le competenze rilevanti alle Regioni ( Aquila 28 settembre 2018, n. 792; Trib. Aquila 8 febbraio 2019, n. 97; Trib. Aquila 16 agosto 2019, n. 616; Trib. Aquila 16 giugno 2021, n. 430; Trib. Aquila 12 maggio 2022, n. 276);
  3. c) l’esclusione di responsabilità del Comune , sull’assunto che l’attività svolta dai tecnici dell’ente locale costituisse una verifica meramente formale rispetto al possesso delle dovute autorizzazioni rilasciate dall’Ufficio del Genio Civile e dalla Prefettura (v. Aquila 11 giugno 2019, n. 429);
  4. d) l’esclusione di responsabilità da custodia dei proprietari delle abitazioni e del Condominio, per l’omessa prova di rispettive condotte colpose, aventi efficacia causale in relazione al crollo del palazzo ( Aquila 28 settembre 2018, n. 792; Trib. L’Aquila 16 agosto 2019, n. 616; Trib. Aquila 12 maggio 2022, n. 276);
  5. e) l’applicazione dei criteri per la quantificazione dei danni patrimoniali e non Trib. Aquila 28 settembre 2018, n. 792; Trib. Aquila 8 febbraio 2019, n. 97; Trib. Aquila 16 agosto 2019, n. 616; Trib. 16 giugno 2021, n. 430; Trib. Aquila 12 maggio 2022, n. 276).

Tuttavia, la sentenza in commento,  si discosta dai precedenti  sopra indicati, nella parte in cui  ritiene sussistente un  concorso di colpa delle vittime, ex art.1227 c.c., in proporzione del 30% in relazione alla decisione di trascorrere la notte precedente il sisma nelle proprie abitazioni, nonostante le scosse di terremoto in atto; condotta che il Tribunale ritiene debba essere considerata  incauta e poco prudente e, dunque , tale da giustificare una riduzione del risarcimento del danno. Tale assunto, oltre che difficile da accettare sul piano emotivo, sotto il profilo giuridico si pone in contrasto con un precedente dello stesso Tribunale aquilano, che aveva riconosciuto la responsabilità extracontrattuale della Presidenza del Consiglio, in considerazione del fatto che  il  vicecapo del Dipartimento di Protezione Civile, in occasione di un’intervista rilasciata il 31 marzo 2009, si fosse espresso nel senso dell’assenza di pericolosità delle scosse avvertite dalla popolazione, rassicurando così gli aquilano nel rimanere nelle loro abitazioni ( il riferimento è alla sentenza Trib. Aquila 10 maggio 2022, n. 247).

La sentenza in commento, sotto il profilo della responsabilità civile, pone interrogativi in relazione a due profili, vale a dire la sua correttezza con riferimento al principio causalistico, del quale l’articolo 1227 c.c. è espressione e del comportamento omissivo del danneggiato, rilevante  non solo se contrario ad una prescrizione normativa, ma anche se in contrasto con le generali regole di diligenza e correttezza, come  costantemente affermato dalla Suprema Corte, anche a sezioni unite  (Cass. 19 febbraio 2020, n. 4178; Cass. sez. Unite, 21 novembre 2011, n. 24406).

La questione centrale, tuttavia, è valutare se le vittime potevano confidare nella stabilità di un fabbricato realizzato  in conformità alla normativa antisismica e se sia corretta una valutazione di diligenza effettuata dal giudice ex post e non ex ante, come nel caso di specie.

Le risposte ai quesiti suddetti, arriveranno, probabilmente, dalla Corte d’Appello del capoluogo abruzzese.

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