RAGGIUNTO IL PRIMO OBIETTIVO PNRR, PROSPETTIVE PER IL 2024 E STABILIZZAZIONE DEI PRECARI PNRR – del dottor Francesco Pizzigallo

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1) Gli obiettivi del PNRR Giustizia e la loro rinegoziazione con l’UE; 2) Disposition time civile e
penale e arretrato civile con i relativi target; 3) Step del 1° semestre 2023; 4) Prospettive di
raggiungimento degli obiettivi; 5) La stabilizzazione

Gli obiettivi del PNRR Giustizia e la loro rinegoziazione con la UE
Alla fine di ottobre sono stati pubblicati i dati del monitoraggio semestrale del PNRR giustizia al 30 giugno 2023, tre anni esatti dalla conclusione di un progetto in fase di rinegoziazione con l’UE.
La Commissione Europea ha chiesto, nella prima stesura, all’Italia al 30 giugno 2026 un obiettivo di diminuzione del 40% del disposition time a livello nazionale per i 3 gradi di giudizio civile e del 25 % per quelli del giudizio penale rispetto al 2019, con in più l’abbattimento dell’arretrato civile, ai sensi della legge Pinto, del 65% per il Tribunale, del 55% per la Corte di appello a fine 2024 e del 90% per entrambi i gradi di giudizio al 30 giugno 2026, sempre con il riferimento temporale del
2019. Per raggiungere questi ambiziosi obiettivi è stato previsto un investimento a debito in risorse
umane e finanziarie. Gli sforzi della rinegoziazione si sono concentrati soprattutto sulle risorse umane e sulla percentuale dell’abbattimento dell’arretrato. Sulle risorse umane non è stato difficile ottenere la proroga, ormai quasi certa, degli addetti upp del primo scaglione dalla scadenza dei 31 mesi a quella del 30.06.2026. Proroga estesa anche ai tecnici, amministrativi e data entry che, contrattualizzati per 36 mesi, hanno preso servizio prima del 30 giugno 2026. Al 30 settembre secondo i dati del Ministero della Giustizia gli addetti all’ufficio del processo effettivamente in servizio, al netto di 2.274 dimissioni, erano 6.054, mentre gli altri precari PNRR con contratto triennale erano 3.292, a seguito delle 675 dimissioni. Sommati fanno 9.346 e avrebbero dovuto essere 13.660: una scopertura del 31,58%. Sulla modifica del disposition time finora non è
trapelato nulla, mentre sul calo dell’arretrato, la cui percentuale del 90% è stata definita dal
ministro Nordio un obbiettivo “da Alice nel paese delle meraviglie”, sembra che la nuova cifra debba oscillare intorno al 30%.

Disposition time civile e penale e arretrato civile con i relativi target                                                                                      Che cos’è in realtà il disposition time o tempo di durata? La durata temporale dei soli procedimenti contenziosi o per tornare all’inglese i “civil and commercial litigious cases”: Per il disposition time nel 2019 la durata temporale dei tre gradi di giudizio del civile era di 2512 giorni (556 per il Tribunale, 654 per la Corte d’appello e 1302 per la Corte di Cassazione) che ridotti del 40% comportano un obiettivo di 1507 giorni da raggiungere a fine giugno 2026. Entro la stessa scadenza il procedimento nei tre gradi del penale deve passare da un totale di 1393 giorni  (392 Tribunale, 835 Corte d’appello e 166 Corte di Cassazione) con la riduzione del 25% a 1045 giorni.
Per l’abbattimento dell’arretrato civile il criterio di riferimento è la legge n.89 del 24 marzo 2001, meglio nota come legge Pinto: per il Tribunale tutti i procedimenti di area Sicid pendenti da oltre tre anni e per la Corte d’appello i procedimenti pendenti da oltre due: Per l’arretrato, ancora per qualche settimana, è previsto un obiettivo intermedio al 31 dicembre 2024 di – 65% in Tribunale e – 55% in Corte d’appello. Ossia dai 337740 provvedimenti ultra-triennali del 2019 pendenti in
Tribunale si deve passare ai 118209 di fine 2024 e quindi ai 33774 di fine giugno del 2026, mentre
in Corte d’appello, in parallelo, dai 98371 ultra-biennali del 2019 ai 44267 del 31 dicembre 2024 e infine ai 9837 del 30 giugno 2026.

Step del 1° semestre 2023
A che punto siamo? Al primo semestre 2023 gli addetti upp hanno preso servizio da sedici mesi. I dati forniti dal sito del Ministero confermano il trend del calo di arretrato civile iniziato già nel 2021.
Per l’arretrato, rispetto al 2019, la diminuzione in Tribunale è passata alla doppia cifra del meno 19,7 %, mentre in Corte d’appello si è spinta fino al – 33,7%.
Va considerato che nel 2023 sono diventati ultra triennali i procedimenti iscritti a ruolo in piena pandemia. Fra tutti i 140 Tribunali c’è stata una riduzione superiore al 20%, con punte oltre il 40%, per 81 uffici, pari o inferiore al 20% per altri 13, mentre in aumento per 36 uffici. Si è praticamente passati dai 337.740 del 2019 a 271.137 procedimenti ultra triennali del 30 giugno scorso. Nelle 29 Corti d’appello c’è stata una diminuzione superiore al 20%, con punte oltre il 40%, in 19 distretti, fino al 20% in 6, stabile in un caso e in aumento in 3 distretti. Si è praticamente passati dai 98.371 del 2019 a 65.187 procedimenti ultra biennali del 30 giugno.
Per quanto riguarda la distribuzione sul territorio la metà dell’arretrato in primo grado è concentrata in 16 Tribunali, mentre in secondo grado viene raggiunta nei due distretti di Corte d’appello più grandi.
Per il disposition time rispetto al 2019 nel civile il calo è stato del 19,2%. Se invece facciamo un confronto con il primo semestre del 2022 il calo nel civile è solo dell’1%, in quanto in Tribunale la diminuzione è dell’8,9% e in Corte d’appello del 7,8%, mentre in Cassazione si registra un aumento del 7,1%. La durata di un procedimento nei tre gradi di giudizio è quindi passata dai 2512
giorni del 2019 ai 2031 del primo semestre 2023, ancora lontana dai 1507 di obbiettivo.
Nel penale con il calo del 29% del disposition time risulta raggiunto il target con tre anni di anticipo. Con lo stesso riferimento sul 2022 il calo nel penale è del 17,5% distribuito con – 22,7 % in Tribunale; – 12,6 in Corte d’appello e – 28,2 in Cassazione. La durata del procedimento nei tre gradi di giudizio si è ridotta dai 1392 giorni del 2019 ai 989 del primo semestre 2023 contro un
obbiettivo del 2026 di 1045 giorni-.

In questo monitoraggio torna utile un’altra espressione inglese il clarence rate: il rapporto tra procedimenti definiti e procedimenti sopravvenuti, che se superiore all’unità indica che sono più i procedimenti definiti di quelli sopravvenuti. Nel civile il rapporto nei tre gradi è passato dall’1,07 del 2019 all’1,18 del primo semestre 2023 mentre nel penale con lo stesso raffronto dallo 0,97 all’1,15

Prospettive di raggiungimento degli obiettivi
In attesa di conoscere la modifica dei target rinegoziati con l’Europa come migliorare il trend? Un contributo significativo lo daranno i futuri scorrimenti delle graduatorie dei tecnici e data entry triennali che dovranno accettare un contratto con un termine fissato non più a 36 mesi, come previsto dal bando, ma al 30.06.2026. Un contributo importante è lecito aspettarsi dagli addetti upp del secondo scaglione con presa di servizio entro il 30.06.2024. Dal ministero sono arrivati annunci di 3000 nuovi possibili ingressi, che certamente non saranno distribuiti solo al nord ma nelle sedi più indietro con i target. Essendo volontà dell’amministrazione ricreare una nuova graduatoria di idonei a cui attingere, sembra logico prevedere che il nuovo bando coprirà tutto il territorio nazionale. Nella distribuzione sarebbe utile evitare, se possibile, di mettere a bando posti in
sovrannumero al nord che rischierebbero di rimanere probabilmente scoperti. Personalmente ritengo che questo secondo scaglione rischia di essere deludente nella partecipazione sia per la durata biennale, che già esclude, essendo inferiore ai tre anni, una ipotetica e remota stabilizzazione, sia per l’incentivo, non molto allettante, di ottenere al termine del
percorso solo un punteggio aggiuntivo o una riserva di posti in futuri concorsi pubblici. Mi riesce difficile immaginare brillanti laureati e/o avvocati o altri liberi professionisti impegnati a dedicare energie e tempo a preparare un concorso a tempo determinato come quello da addetto upp piuttosto che uno dei tanti a tempo indeterminato del Ripam o di altra amministrazione pubblica.

La stabilizzazione
Nel giro di sei mesi si è passati dalla “stabilizzazione di una quota significativa di addetti upp“ a “non ci sarà una stabilizzazione tout court”, così come affermato da esponenti diversi dello stesso ministero.
Era prevedibile? Forse sì. Prima di tutto perché quando si parla di precari PNRR, i sindacati in primis e anche i partiti e movimenti politici, non fanno distinzione di presunte figure di serie A (UPP) o di serie B e C (tecnici e data entry) e questo porta a numeri troppo elevati da stabilizzare, che non si sono mai riscontrati nella storia del ministero. Altrettanto improbabile è che possa essere appoggiata dagli stessi attori sindacali e non, l’idea di stabilizzare solo chi ha più di tre anni di servizio e di lasciare a casa gli altri: per una questione sia di numeri ancora elevati e soprattuttodi solidarietà fra lavoratori. Servirebbe una scelta logica e di buon senso come è stata quella della proroga fino al 30 giugno 2026 delle risorse che hanno preso servizio nel 2022 e a inizio 2023. La scelta più logica e di buon senso potrebbe essere quella di un concorso interno per un numero
limitato di posti e un concorso aperto a tutti per un numero maggiore di posti. Quanti posti? Qui si pone un problema cruciale almeno per gli addetti upp. Teoricamente ci sarebbe la copertura legislativa per 1500 unità (1000 nel penale e 500 nel civile), che, però, rappresenta un numero semplicemente irrilevante per ottenere un contributo degli addetti upp alla macchina giudiziaria.

Assumerne 8250 a regime è possibile solo nel mondo del metaverso; 5000, come ha proposto Unicost, è stato ritenuto impossibile dal viceministro Sisto; 4000 sarebbero insufficienti a mantenere un basso arretrato e gli obbiettivi del disposition time, tanto più che la mediazione non si è ancora affermata come strumento di risoluzione delle controversie. Purtroppo è difficile
immaginare che un concorso del genere si possa completare prima del 30.06.2026 perché i precari PNRR “stanno pagati dall’Europa” fino a quella data. Non resta quindi che attendere la revisione delle famiglie professionali, del PIAO triennale e non ultima per importanza la legge di bilancio del 2026 per conoscere la sorte delle migliaia di precari PNRR che saranno ancora in servizio al 30 giugno 2026.Auspicabilmente avendo raggiunto gli obiettivi che a loro, principalmente, sono stati affidati.

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6 risposte

  1. «Assumerne 8250 a regime è possibile solo nel mondo del metaverso.»
    Aggiungo io: è perché no?

    Commento serissimo che non fa del sarcasmo la sua cifra stilistica.

  2. Basta leggere i Piao del ministero degli ultimi anni e considerare le stabilizzazioni fatte negli ultimi decenni per considerare irrealizzabile una stabilizzazione totale di 8250 upp. Anche una componente della magistratura come Area democratica si è spinta a chiedere una dotazione organica limitata a un massimo di 5000 unità

  3. In realtà intendevo tirare in ballo, letteralmente, il metaverso come soluzione attuabile a tutti questi problemi. Visto che siamo in piena èra digitale si potrebbe partire con una implementazione massiva di questa realtà parallela, se solo venisse veramente in aiuto ai precari PNRR i quali potrebbero ivi svolgere le proprie mansioni disoccupando spazio fisico e quindi ricevere le retribuzioni in forma di reputazione sociale elettronica.

    Su un piano meno uto-distopico – e preciso sin d’ora che si tratta di mera speculazione personale – se fosse vero che i prossimi AUPP non supereranno in numero i 3000, sarebbe prevedibile pensare a un blocco di funzionari in numero non superiore ai 7000 totali a fine corsa tra primo e secondo contingente, considerando le fisiologiche dimissioni da qui a 2 anni e mezzo. Ciò potrebbe significare, per quanto remotamente, una ipotesi di volontà da parte dell’amministrazione di ridurre i numeri a monte per potere avere via più facile a una futura stabilizzazione di tutto l’ufficio del processo (tecnici e data entry compresi), il cui istituto non rimonta certo alla Riforma Cartabia.

    Come ha scritto Lei, pensare a un concorso destinato alle stesse figure prima del 2026 è improbabile (fintantoché paga l’Europa). Dopo si potrebbe anche bandire, magari con delle riserve per chi ha svolto il servizio negli anni precedenti. In questo modo si potrebbe scongiurare l’impressione di un licenziamento di massa (10.000 e rotte persone, spesso ignominiosamente etichetta come «unità») agli occhi dei media, scegliendo di premiare «i più meritevoli». Ma chi è quello stolto tra AUPP tecnico o data che attende una situazione simile in extremis avvalorandola come possibilità concessa dall’alto e per cui magari stappare una bottiglia di champagne? Meglio andare via prima verso lidi che permettano una vera stabilità professionale e personale, in barba a obiettivi e statistiche.

    D’altro canto se è pur vero che una stabilizzazione “de plano” (ma pure senza plano) di questa portata non si è ancora mai vista nella storia del Ministero, è anche vero, per forza di cose, l’opposto: mai tanta gente è stata buttata fuori in un colpo solo (forse addirittura in tutta la PA). Ciò creerebbe un importante precedente con cui si dovrebbe fare i conti a più livelli, oltre a un comprensibile malcontento che si ripercuoterebbe sul piano elettorale. A tutto ciò aggiungiamo le recenti dichiarazioni di Nordio, sulla volontà di stabilizzazione («stiamo lavorando con l’Europa, per garantire
    una loro assunzione a tempo indeterminato e non precaria», 2 ottobre 2023), che ai più sarà suonata/suonerà come una mezza promessa. Tutto terreno fertile per una sommossa popolare? (ovviamente pacifica, beninteso, non sia mai così né che mi si fraintenda). Sì, se fossimo in Francia.

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