Mediazione, nozione di parte e domanda riconvenzionale – dell’avv.to Giuseppe Piccardo

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La sentenza del Tribunale di Alessandria numero 769 del 22 agosto 2022, dà modo di esporre
alcune riflessioni in relazione alla nozione di parte in mediazione e alle domande soggette a
mediazione obbligatoria, in attesa che sulla questione si pronuncino le Sezioni Unite della Corte di
Cassazione, sollecitate in tal senso, in via pregiudiziale, ai sensi dell’articolo 363 – bis c.p.c., dal
Tribunale di Roma, con  ordinanza del 13 giugno 2023.
La sentenza ha ad oggetto una vertenza in materia assicurativa, nella quale la terza chiamata
eccepiva l’improcedibilità della domanda di garanzia in manleva proposta nei suoi confronti
dall’assicurata, rilevando il mancato esperimento della procedura di mediazione di cui al D.lgs
28/2010.
Il Tribunale di Alessandria, conformemente ad altra giurisprudenza di merito ha ritenuto non
possibile estendere la mediazione obbligatoria alle domande riconvenzionali sollevate dal
convenuto o proposte da eventuali terzi intervenuti, in quanto, secondo questa prospettazione,
può essere considerato convenuto chi viene citato in giudizio e non già chi, avendo promosso un
giudizio e chiamato in causa un terzo, risulti a sua volta destinatario di una domanda, collegata a
quella originaria.
Dunque, dal dato testuale dell’articolo 5 – bis del D.Lgs. 28/2010, emergerebbe, secondo il
Tribunale di Alessandria, che detta disposizione di legge, che prevede una condizione di
procedibilità, costituendo deroga all’esercizio di agire in giudizio garantito dall’art. 24 Cost., possa
essere interpretata in senso estensivo, nel senso che l'improcedibilità debba essere sollevata dal
convenuto, ovvero da colui che riceve la vocatio in ius; da parte dell’attore, secondo le regole
ordinarie del codice di procedura civile.
Inoltre, il Tribunale evidenzia essere coerente con lo scopo deflattivo delle ADR, che l’eventuale
esperimento di più mediazioni, nell’ambito del medesimo giudizio, possa comportare un
allungamento dei tempi della controversia incompatibile con il principio costituzionale della
ragionevole durata del giudizio e con l'esigenza di evitare ogni possibile forma di utilizzo improprio
di quest’ultimo; osservazioni, queste, che impongono, quindi, a maggior ragione, di interpretare in
ottica costituzionalmente orientata l’articolo 5 del D.Lgs. 28/2010..
Con particolare riferimento alla chiamata del terzo in garanzia, se la domanda di un convenuto
verso il terzo presuppone la soccombenza del primo nei confronti dell’attore, l’invito alla
mediazione, successivo all’esito negativo della mediazione sulla domanda principale e precedente
alla statuizione giudiziale definitiva sulla domanda di parte attrice, rischierebbe d’essere non
deflattiva e del tutto inutile, in ottica di prevenzione del contenzioso ( nello stesso senso Trib.
Palermo, 11 luglio 2011 e Trib. Pavia, 5 aprile 2022).

La decisione in commento, ad avviso dello scrivente è condivisibile, laddove si attiene a quello che
è la valorizzazione dello scopo della mediazione ed esclude il suo esperimento, nei casi di
allargamento del contraddittorio in giudizio, successivamente alla sua instaurazione, in quanto
domande dipendenti, comunque, da quelle già proposte dalle parti e oggetto di mediazione.

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