Contenuto della domanda di mediazione e del successivo atto di citazione, tra formalismo e ammissibilità della domanda giudiziale (breve nota a Trib. Roma 2 gennaio 2023, Sezione V, Giudice Berti) – dell’avv. Giuseppe Piccardo

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La vicenda oggetto della sentenza del Tribunale di Roma trae origine da una mediazione instaurata
da un condomino, nei confronti del condominio, in relazione ad una delibera che riteneva viziata,
mediante istanza notificata “All’amministratore in carica”, il quale non partecipava alla mediazione
e che, quindi, si concludeva negativamente.
Successivamente, a seguito di quanto sopra, veniva notificato l’atto di citazione al condominio, in
persona dell’amministratore p.t., senza indicazione del suo nominativo e senza che nell’atto fossero
indicati i motivi di impugnazione della delibera, specularmente a quelli specificati in sede di istanza
di mediazione.
Su specifica eccezione di decadenza dall’impugnazione, formulata dal condominio, per le ragioni
suddette, il Tribunale di Roma, si è espresso nel senso di ritenere:
a) circa la generica indicazione di amministratore p.t, senza specificazione di alcun nominativo, che
non sussiste alcuna necessità (nè esiste alcuna disposizione in tal senso) che obblighi a detta
indicazione dell’amministratore persona fisica, essendo sufficiente il generico richiamo alla carica di
rappresentanza; di rilievo, invece, è che tutti gli atti giuridici rivolti al Condominio debbano essere
notificati presso il domicilio dell’amministratore in carica, essendo il Condominio puro ente di
gestione sfornito di personalità giuridica non dotato di una sede propria;
b) che la procedura conciliativa, instaurata con la domanda di mediazione, impedisce il decorso del
termine di decadenza (30 giorni) previsto dall’art. 1137 c.c. per impugnare la delibera condominiale,
il quale torna nuovamente a decorrere (per ulteriori 30 giorni) dalla data del deposito del verbale di
conciliazione negativo presso l'organismo di mediazione, ai sensi dell’articolo 5, comma 6 del
D.Lgs. 28/2010.
c) circa, invece, la censura di non corrispondenza dei motivi di impugnazione al deliberato dedotti
in citazione rispetto a quelli indicati nell’istanza di mediazione, il Tribunale di Roma ha ritenuto che
“In tema di impugnazione di delibera assembleare, gli elementi necessari che devono essere
indicati nell’istanza di mediazione e che devono essere messi a conoscenza dell’invitato attengono
(i) alla delibera che si intende impugnare (ii) all’enunciazione del provvedimento (nullità o
annullabilità) che s'intende richiedere al giudice in ipotesi di fallimento della conciliazione (iii) alla
sintetica indicazione dei motivi di impugnazione in quanto è tollerabile un margine di scostamento
fra l'oggetto della citazione e quello dell’istanza di mediazione”
Quanto sopra, tenuto conto, altresì, che è stato documentato, in corso di giudizio, che
l'Amministratore del Condominio non ha dato riscontro alle plurime richieste inviate dall’attrice di
accesso ed esame dei documenti (foglio presenze e deleghe conferite), le quali hanno poi costituito
l’oggetto di doglianza del condomino impugnante.
La sentenza è interessante laddove consente di esprimere alcune considerazioni con riferimento alla
questione della specularità perfetta tra contenuto dell’istanza di mediazione e dell’atto di citazione.
Il riferimento normativo, al fine dell’inquadramento generale della questione, è l’articolo 4, comma
2 del D.Lgs. 28/2010, secondo il quale l’istanza di mediazione deve contenere, necessariamente,
l’indicazione dell’organismo, delle parti, dell’oggetto e delle ragioni della pretesa, similmente a
quanto previsto dall’articolo 125 c.p.c., in relazione al ricorso giudiziale e dall’articolo 167 c.p.c.,
con riferimento all’atto di citazione e, quindi, l’indicazione dell’ufficio giudiziario, delle parti,
dell’oggetto, delle ragioni della domanda nonché delle conclusioni.
Secondo la tesi più restrittiva, espressa, tra l’altro, in un precedente dello stesso Tribunale capitolino
(Trib. Roma 11 gennaio 2022, n. 259), sul presupposto secondo il quale per ciascun tipo di atto
processuale vi sono specifiche previsioni normative, il contenuto dell’art. 4 D. Lgs. 28/2010
deve essere ritenuto speculare a quello dell’articolo 125 c.p.c., con conseguente necessità
di simmetria tra i fatti rappresentati in sede di mediazione e quanto esposto in sede
processuale, quantomeno sui punti principali e sulle domande formulate.

Diversa la tesi espressa, dal medesimo Tribunale, nella sentenza in commento, laddove
ritiene tollerabile un margine di scostamento fra l’oggetto della citazione e quello dell’istanza di
mediazione, soprattutto quando l’istante non sia, incolpevolmente, a conoscenza di tutti i profili
della domanda.
La questione risulta affrontata anche dal Tribunale di Verona, con la sentenza del 26 aprile
2021, relativa ad una controversia in materia bancaria, nella quale l’istituto di credito
convenuto aveva eccepito l’improcedibilità della domanda giudiziale per mancato
esperimento del procedimento di mediazione in un’ipotesi di mediazione obbligatoria, in
quanto in tale sede non erano state indicate alcune voci di danno, specificate, invece, nel
successivo atto di citazione.
Il Tribunale della città veneta ha deciso per l’infondatezza dell’eccezione di cui sopra,
affermando, a tale proposito, che la difformità tra istanza di mediazione e atto di citazione,
con riferimento all’oggetto e alle ragioni della pretesa, è rilevabile quando, nel giudizio di
merito, la domanda presenti un petitum più ampio e sia fondata su fatti costitutivi ulteriori
rispetto a quelli dedotti nell’ambito della procedura stragiudiziale.
Come emerge dalla difformità di opinione, tra i giudici di merito, la questione non può dirsi
definita e rimane aperta. Lo scrivente rileva, a conclusione della presente nota, come il
problema debba essere posto da un duplice angolo visuale.
Da un lato, con riferimento alla necessità di una perfetta coincidenza tra istanza di
mediazione e domanda giudiziale, in quanto la mediazione è condizione di procedibilità
della domanda giudiziale, con la conseguenza della necessità dell’instaurazione del
contraddittorio su tutti i punti controversi, sin dal procedimento di mediazione.
Il secondo, e ultimo, quello, invece, correlato alla necessità di evitare che la mediazione
venga assimilata, concettualmente, ad un giudizio ed al suo necessario formalismo, con
conseguente snaturamento della mediazione come strumento diverso dal giudizio civile,
collegato agli interessi ed ai bisogni delle parti.
In considerazione di quanto sopra, un intervento, sul punto, della Suprema Corte,
potrebbe essere sicuramente utile e chiarificatore.

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