Rinnovazione della mediazione e assenza della parte istante – dell’Avvocato Chiara Bevilacqua

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Sommario 1. La vicenda giudiziaria 2. Le questioni giuridiche sottese 3. La pronuncia del Tribunale  di Taranto

 

  1. La vicenda giudiziaria.

Con la pronuncia del 17 marzo 2022 il Tribunale di Taranto affronta due importanti questioni. In primo luogo il tema del mancato assolvimento della condizione di procedibilità relativa all’espletamento del procedimento di mediazione obbligatoria ex art. 5 d.lgs. n. 28/2010; in secondo luogo, la questione secondo cui in caso di opposizione al decreto ingiuntivo, l’onere di promuovere il procedimento di mediazione obbligatoria spetta non già alla parte opponente, bensì al creditore opposto.

La vicenda origine da un rito locatizio, con relativo decreto ingiuntivo per la richiesta dei canoni, per i quali la legge prevede l’esperimento preventivo della mediazione obbligatoria di cui al d.lgs. n. 28/2010, come condizione di procedibilità.

In una prima udienza veniva dichiarato il mancato avveramento della condizione di procedibilità, il cui onere di esperimento era stato posto a carico della parte opponente, par la mancata comparizione della parte istante, ovvero dell’opponente stesso.

Di seguito, il Tribunale ha rilevato che il precedente provvedimento doveva essere emendato, in ragione dell’ultimo orientamento giurisprudenziale cui ha dato avvio la sentenza delle Sezioni Unite della Suprema Corte[1], secondo cui la parte onerata a promuovere il procedimento di mediazione in un giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo andava individuata nel creditore opposto. Ne consegue che in caso di mancato avvio di tale procedura il giudizio di opposizione sarebbe stato improcedibile e il decreto ingiuntivo avrebbe dovuto essere revocato.

 

  1. Le questioni giuridiche sottese.

Il mancato avvio dell’istituto ex d.lgs n. 28/2010 conduce in primo luogo alla improcedibilità della domanda (in presenza di ipotesi di mediazione obbligatoria ex art. 5, comma 1-bis, d.lgs. n. 28/2010); in secondo luogo la mancata presentazione delle parti in mediazione è valutabile dal giudice ex art. 116 c.p.c. come esplicitamente previsto dal comma 4-bis dell’articolo 8 del decreto legislativo in esame.

La norma testé citata statuisce che il giudice possa desumere argomenti di prova ex art. 116 c.p.c. dalla immotivata mancata partecipazione della parte in mediazione. Inoltre, «Il giudice condanna la parte costituita che, nei casi previsti dall’articolo 5, non ha partecipato al procedimento senza giustificato motivo, al versamento all’entrata del bilancio dello Stato di una somma di importo corrispondente al contributo unificato dovuto per il giudizio».

Al riguardo si osserva che l’art. 8 del d.lgs. n. 28/2010 fa esplicito riferimento alla circostanza che «al primo incontro e agli incontri successivi fino al termine della procedura le parti devono partecipare con l’assistenza dell’avvocato», il che implica la volontà di favorire la comparizione personale della parte quale indefettibile e autonomo centro di imputazione e valutazione di interessi.

In punto di partecipazione della parte alla mediazione e di assoluzione della condizione di procedibilità, negli anni si sono manifestati diversi pronunciamenti nella giurisprudenza di merito.

Invero si erano palesati orientamenti assai minoritari che ritenevano necessaria la presenza sia dell’avvocato che della parte personalmente, senza che costei potesse in alcun modo delegare ad altri la partecipazione[2], contrapposti a visioni più flessibili e di maggior diffusione, in cui si ammetteva la possibilità della parte di farsi rappresentare nella mediazione da un procuratore speciale, pur escludendo che tale potere potesse essere conferito al difensore[3], fino a giungere alle posizioni di chi ha ritenuto che nulla osti a che l’avvocato cumuli la posizione di difensore e di procuratore speciale della parte sostanziale[4].

Merita altresì accennare alla controversa pronuncia della Corte di Cassazione n. 8473/2019, in cui si afferma che basta una procura speciale sostanziale, che non si identifica con la procura alle liti, ancorché in forma di procura notarile, bensì con una procura nella forma di scrittura privata, non autenticata, in base al principio per cui la forma della procura deve seguire la forma dell’atto che il procuratore va a concludere. Di talchè, in ossequio a tale principio, la procura dovrà essere conferita con autentica notarile nel caso in cui il procuratore debba compiere atti, per conto del rappresentato, che abbiano ad oggetto il trasferimento di diritti reali o altri atti per i quali la forma sia richiesta ad substantiam ex art. 1350 c.c.

L’ulteriore questione giuridica emersa nella fattispecie de quo riguarda la parte onerata di promuovere il procedimento di mediazione. Il Tribunale, emendando il precedente dispositivo, è giunto alla definizione della controversia dopo una ricognizione della disciplina riguardante la mediazione obbligatoria applicata alla peculiare controversia dell’opposizione a decreto ingiuntivo, nel quale – come è risaputo – non vi è coincidenza tra la posizione formale delle parti con quella sostanziale, nel senso che, sotto quest’ultimo profilo, la parte opponente riveste, in effetti, la posizione equiparabile a quella del convenuto di un giudizio ordinario e la parte opposta quella di attore, con tutti gli effetti che ne derivano sul riparto dell’onere probatorio in relazione all’oggetto del giudizio, nel senso che sarà l’opposto a dover provare il suo credito e l’opponente gli eventuali fatti modificativi e/o estintivi.

 

  1. La pronuncia del Tribunale di Taranto.

Proprio partendo da questa premessa, il Tribunale di Taranto – aderendo al principio affermato di recente dalle Sezioni Unite della Corte di legittimità con la già ricordata sentenza n. 19596 del 2020 – ha statuito che l’onere di provvedere al soddisfacimento della condizione di procedibilità della mediazione obbligatoria spetta alla parte opposta.

Il giudice tarantino ha recepito il percorso compiuto dalle Sezioni Unite con la richiamata sentenza, alla stregua del quale, per l’appunto, nelle controversie soggette a mediazione obbligatoria ai sensi dell’art. 5, comma 1-bis, del d.lgs. n. 28 del 2010, i cui giudizi vengano introdotti con richiesta di decreto ingiuntivo, una volta instaurato il relativo giudizio di opposizione e decise le istanze di concessione o sospensione della provvisoria esecuzione del decreto, l’onere di promuovere la procedura di mediazione è a carico della parte opposta; ne consegue che, ove essa non si attivi, alla pronuncia di improcedibilità di cui al citato comma 1-bis conseguirà la revoca del decreto ingiuntivo.

Si evidenzia nel provvedimento come le Sezioni Unite abbiano inteso evidenziare come la legge ha voluto che nel giudizio monitorio l’onere di attivazione della procedura di mediazione obbligatoria fosse collocato in un momento successivo alla decisione delle istanze sulla provvisoria esecuzione; a quel punto, non solo è certa la pendenza del giudizio di opposizione, ma può anche dirsi che la causa viene ad incanalarsi lungo un percorso ordinario.

Instaurata, quindi, l’opposizione e assunti i relativi provvedimenti sull’eventuale concessione della provvisoria esecuzione del decreto monitorio, dal punto di vista sistematico è consequenziale sostenere che le parti riprendano ciascuna la propria posizione, per cui sarà il creditore a dover assumere l’iniziativa di promuovere la mediazione. E ciò soprattutto perché l’opposizione a decreto ingiuntivo non costituisce l’impugnazione del decreto ma ha natura di giudizio di cognizione piena che devolve al giudice dell’opposizione il completo esame del rapporto giuridico controverso, e non il semplice controllo della legittimità della pronuncia del decreto d’ingiunzione, tanto è vero che il giudice può anche revocare il decreto e condannare l’opponente al pagamento di una somma inferiore rispetto a quella ingiunta.

A questo punto si pone la questione sulle diverse conseguenze derivanti dall’inerzia delle parti a seconda che si propenda per l’una o per l’altra soluzione, ovvero quella di porre l’onere di dare corso all’esperimento della mediazione obbligatoria a carico dell’opponente o dell’opposto, che è il problema che il giudice tarantino si è trovato a dover risolvere nel giudizio culminato nella pronuncia qui oggetto di approfondimento.

Se, infatti, si ponesse l’onere in questione a carico dell’opponente e questi rimanesse inerte, la conseguenza sarebbe una pronuncia di improcedibilità alla quale farebbe seguito l’irrevocabilità del decreto ingiuntivo. Se, per converso, l’onere si ponesse a carico dell’opposto, la sua inerzia comporterebbe l’improcedibilità e la conseguente revoca del decreto ingiuntivo, il quale ben potrà essere riproposto, senza quell’effetto preclusivo che consegue alla irrevocabilità del decreto. Nella prima ipotesi, quindi, si avrebbe una definitività del risultato (pregiudizievole per l’opponente); nella seconda, verrebbe a configurarsi un mero onere di riproposizione per il creditore, il quale, quindi, non si vedrebbe privato del diritto di instaurare un successivo e diverso giudizio per il riconoscimento del suo credito.

Dovendo optare tra due contrapposte interpretazioni, le Sezioni Unite hanno giustamente preferito quella maggiormente in armonia con il dettato costituzionale, ponendo l’onere di intraprendere il procedimento di mediazione obbligatoria a carico dell’opposto (quale attore in senso sostanziale e coincidente, quindi, con la parte che assume di vantare il credito oggetto di causa).

Alla luce del precorso argomentativo suesposto, il Tribunale di Taranto ha quindi chiarito che nel caso specifico andava disposta la rinnovazione del procedimento di mediazione.

 

Avvocato Chiara Bevilacqua

chiarabev@gmail.com

www.avvocatochiarabevilacqua.it

 

[1]     Cass. S.S.U.U., sentenza n. 19596/2020.

[2]     Tribunale di Pordenone 10/3/2017.

[3]     Tribunale di Firenze 19/3/2014; Tribunale di Palermo 23/12/2016.

[4]     Tribunale di Verona 11 maggio 2017.

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