La mediazione entra nel processo penale: la giustizia riparativa nella “Riforma Cartabia” (Legge 27 settembre 2021, n. 134) – dell’Avv. Chiara Bevilacqua

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Sommario: 1. Incipit – 2. Gli ambiti tematici della legge delega: focus sulla giustizia riparativa – 3. Gli strumenti della giustizia riparativa. La mediazione penale – 4. La mediazione penale: una nuova concezione di politica criminale. – 5. Conclusioni. La delega in materia di giustizia riparativa: un’occasione da cogliere.

  1. Incipit.

Con la pubblicazione della l. 27 settembre 2021, n. 134 (“Delega al Governo per l’efficienza del processo penale nonché in materia di giustizia riparativa e disposizioni per la celere definizione dei procedimenti giudiziari”), arriva ufficialmente in porto la riforma del processo e del sistema sanzionatorio penale. Si tratta, in ordine di tempo, della prima riforma organica in materia di giustizia approvata dal Parlamento, su iniziativa della Ministra Marta Cartabia. Una riforma gemella, relativa al processo civile, è stata approvata in prima lettura dal Senato nello scorso mese di settembre ed è ora all’esame della Camera (d.d.l. A.C. 3289 – «Delega al Governo per l’efficienza del processo civile e per la revisione della disciplina degli strumenti di risoluzione alternativa delle controversie e misure urgenti di razionalizzazione dei procedimenti in materia di diritti delle persone e delle famiglie nonché in materia di esecuzione forzata»)[1].

 

  1. Gli ambiti tematici della legge delega: focus sulla giustizia riparativa.

La legge 134/2021, nel suo impianto complessivo, rappresentato dalle disposizioni dell’art. 1, è una legge delega (lo testimonia a ben vedere già il titolo). Riforme del processo penale con carattere di organicità – a partire da quella che nel 1988 ho portato al nuovo codice di procedura penale – rendono normalmente opportuno, per la complessità tecnica, il ricorso allo strumento della delegazione legislativa. L’art. 2 contiene invece alcune disposizioni che, per volontà politica – come nel caso della prescrizione del reato e dell’improcedibilità – o per ragioni tecniche, sono state formulate come immediatamente precettive.

A dispetto del clamore suscitato dagli interventi in tema di prescrizione del reato e di improcedibilità, il cuore della riforma è rappresentato dai criteri di delega contenuti nell’art. 1. Con essi il Parlamento ha delegato il Governo a realizzare una vasta riforma che ha ad oggetto tre ambiti tematici:

  • il processo penale (art. 1, co. 5-13, 24-26);
  • il sistema sanzionatorio (art. 1, co. 14-17, 21-23);
  • la giustizia riparativa (art. 1, co. 18-20).

Il filo rosso che attraversa tutti gli interventi è rappresentato dalla riduzione del tempi della giustizia; un obiettivo che la riforma persegue non solo incidendo sulle norme del processo penale, ma anche con interventi sul sistema penale – come quelli relativi alla non punibilità per particolare tenuità del fatto, alla sospensione del procedimento con messa alla prova dell’imputato, e alle sanzioni (rectius, pene) sostitutive delle pene detentive brevi – capaci di produrre significativi effetti di deflazione processuale. Anche le previsioni in tema di giustizia riparativa condividono la medesima finalità, che accomuna anche le disposizioni civilistiche in tema di mediazione e modalità alternative di soluzione dei conflitti, oggetto del parallelo disegno di legge di riforma del processo civile.

Ridurre i tempi del processo penale, senza rinunciare a fondamentali garanzie, e alleggerirne il carico individuando possibili alternative al processo e alla pena carceraria. Queste, in estrema sintesi, le macro-direttrici di fondo dell’articolata riforma.

Un rilevante capitolo della legge delega, come anticipato, è dedicato alla giustizia riparativa, della quale in sede di attuazione dovrà essere introdotta una disciplina organica – quanto a nozione, principali programmi, criteri di accesso, garanzie, persone legittimate a partecipare, modalità di svolgimento de programmi e valutazioni degli esiti – nel rispetto della Direttiva 2012/29/UE e dei principi stabiliti in materia a livello internazionale.

La giustizia riparativa è concepita dalla legge delega «nell’interesse della vittima e dell’autore del reato», secondo la logica della riconciliazione e ricomposizione del conflitto che le è propria. Molti gli aspetti che dovranno essere disciplinati in sede di attuazione: la definizione di «vittima del reato» – intesa come persona fisica (compreso il familiare della persona uccisa) che ha subito un danno, fisico, mentale o emotivo, o perdite che sono state causate direttamente da un reato; l’accesso alla giustizia riparativa in ogni stato e grado del procedimento penale e durante l’esecuzione della pena, su iniziativa dell’autorità giudiziaria competente, nell’interesse della vittima e dell’autore del reato, con il loro consenso e senza preclusioni in relazione al reato per cui si procede; le specifiche garanzie per l’accesso ai programmi di giustizia riparativa, anche in rapporto alla inutilizzabilità in sede penale delle dichiarazione rese; la valutazione dell’esito favorevole dei programmi di giustizia riparativa nel procedimento penale e in fase di esecuzione; la formazione dei mediatori e i requisiti professionali e di accreditamento presso il Ministero della Giustizia; i centri di giustizia riparativa (strutture pubbliche facenti capo ad enti locali e convenzionate con il Ministero della Giustizia).

Da segnalare che per l’attuazione della disciplina in tema di giustizia riparativa la legge (art. 1, co. 19) prevede l’autorizzazione alla spesa di oltre quattro milioni di euro. Il dato non è privo di significato, se si considera che nel passato proprio la mancanza della necessaria copertura finanziaria ha ostacolato lo sviluppo della giustizia riparativa, inclusa nella riforma Orlando, e che, nel contesto dell’attuale riforma, coperture finanziarie sono previste solo per l’ufficio per il processo e, per l’appunto, per la giustizia riparativa[2]. Ciò testimonia la forte determinazione politica e la rilevanza strategica e culturale dell’intervento, che promette di elevare la qualità e l’efficienza della giustizia penale.

 

 

  1. Gli strumenti della giustizia riparativa. La mediazione penale.

Il forte rilievo impresso alla giustizia riparativa dal Legislatore è dunque evidenziato dalla previsione della possibilità di accedere a programmi di giustizia riparativa in ogni fase e grado del procedimento penale, ovvero, sin dal momento delle indagini preliminari, per poi poter aderire a tale scelta in ogni fase successiva del procedimento penale, fino al momento della esecuzione della pena.

Si amplia quindi notevolmente il concetto di giustizia riparativa, ricomprendendo in esso sia strumenti che in realtà rientrano nell’alveo di quelli premiali e con indubbia valenza deflattiva del procedimento penale (come ad esempio la messa alla prova), sia strumenti effettivamente tesi a ricomporre la doppia frattura sociale verificatasi con la commissione di un reato, anche in fase esecutiva della pena, tra autore dell’illecito con la collettività intera e tra l’autore dell’illecito con la vittima del reato. Quando si parla di giustizia riparativa, infatti, è necessario distinguere le «pratiche ed i metodi della giustizia riparativa» dalle «sanzioni riparatorie»[3]

Le sanzioni riparatorie possono essere considerate come una risposta dell’ordinamento alla commissione di un reato, alternativa alla pena detentiva classicamente intesa, ovvero come pene autonome sostitutive o alternative alla detenzione, previste a livello edittale dal Legislatore.

Pur potendosi auspicare che il paradigma della giustizia riparativa conservi una duttilità anche dopo la esplicazione della delega e che non venga ingabbiato in elenchi tassativi, è indubbio che uno degli strumenti principali di tale paradigma, rientrante nella categoria delle pratiche e metodi della giustizia riparativa, espressamente menzionato dalla cd. riforma Cartabia e già molto sperimentato nei paesi anglosassoni, è quello della mediazione.

I criteri della delega in tema di mediazione, sono informati soggettivamente al principio della incoercibilità, nel senso che l’accesso al programma in questione può avvenire solo «sulla base del consenso libero e informato dell’autore e della vittima del reato e della positiva valutazione da parte dell’autorità giudiziaria dell’utilità del programma in relazione ai criteri di accesso».

È da rimarcare che il successo della mediazione dipende dalla volontà delle parti di parteciparvi e che il consenso della vittima, in particolare – il cui presupposto, come per l’autore del reato, è una «completa, tempestiva ed effettiva informazione» – è indispensabile per evitare il verificarsi di fenomeni di vittimizzazione secondaria.[4]

Il mediatore deve essere un terzo privo del potere di ius dicere, ovvero del potere decisionale e la formazione professionale dei soggetti preposti a tale compito appare funzionale a garantire che l’istituto trovi concreta operatività nella pratica.

Tale elemento poi, unito alla predisposizione di una adeguata organizzazione di servizi sul territorio, garantirà un livello minimo essenziale omogeneo di operatività degli stessi, laddove disparità dovute a inefficienze organizzative e strutturali frustrerebbero a monte la funzionalità dell’istituto.

 

  1. La mediazione penale: una nuova concezione di politica criminale.

Con particolare riferimento alla fase della esecuzione della pena che, qualora la delega prenda effettiva forma con i decreti delegati, può avviarsi davvero a diventare la extrema ratio della politica criminale, la mediazione penale può costituire un efficace strumento da coniugare con le esigenze di risocializzazione della pena e con il perseguimento di obiettivi di prevenzione generale e speciale[5] .

Se in base alla concezione tradizionale, nella fase della esecuzione della pena l’attenzione è stata sempre focalizzata sul condannato, con le aspirazioni della pena alla sua risocializzazione ovvero alla rieducazione del reo attraverso il percorso di espiazione, con l’attuazione dei principi della legge delega in esame, specie con la mediazione penale, l’evidenza in sede di esecuzione della pena si sposta anche sulla vittima del reato, la quale diviene protagonista nel percorso di riconciliazione del condannato, a seguito del conflitto generato nel tessuto sociale in seguito alla commissione del reato.

Con la giustizia riparativa attraverso l’istituto della mediazione penale, si potrebbe anzi addivenire ad una nuova concezione di risocializzazione del condannato, con una politica criminale che sia volta alla ricostituzione dei legami sociali spezzati dalla commissione del reato, laddove la versatilità dello strumento potrebbe garantire una tipizzazione del trattamento penitenziario da modellare non solo sulla storia personale del condannato, ma anche della vittima del reato.

Gli innegabili rischi di strumentalizzazione dell’istituto da parte del reo, il quale cioè potrebbe compiere la scelta di ricorrere a strumenti di giustizia riparativa – in generale – e alla mediazione penale in particolare, al fine di evitare trattamenti sanzionatori più severi o modalità della pena più gravose, possono essere ridimensionati ricorrendo a meccanismi di verifica in concreto dell’impatto degli istituti a livello empirico, come sui livelli di recidiva e di deflazione dei procedimenti penali[6].

 

  1. Conclusioni. La delega in materia di giustizia riparativa: un’occasione da cogliere.

La riforma Cartabia rappresenta dunque, una volta attuata con i decreti delegati, un possibile effettivo cambio di passo nella politica criminale del nostro ordinamento, con la previsione di un sistema penale alternativo a quello tradizionale.

L’introduzione di una disciplina organica di giustizia riparativa, aprirebbe la strada all’ambizioso obiettivo di realizzare una rivoluzione innanzitutto culturale, che vede nelle istanze vendicative della giustizia retributiva, connesse ad una dilagante moralizzazione sociale, il continuo inasprimento delle pene detentive. Il passaggio sarebbe quindi verso un sistema penale che non vede più come pena principale quella carceraria, ma verso un sistema basato anche su sanzioni alternative e su meccanismi riparatori che possano incidere sulla stessa struttura dell’illecito penale, portando alla sua degradazione o estinzione in caso di successo della pratica riparatoria.

L’attuazione della delega testimonierà se il momento storico è maturo affinché le generalizzate istanze retributive cedano il passo a questa forma di giustizia propria di una società più progredita e razionale.

 

Avvocato Chiara Bevilacqua

[1]     Gatta, Riforma della giustizia penale: contesto obiettivi e linee di forno della “Legge Cartabia”, in www.sistemapenale.it, 15 ottobre 2021.

 

[2]     Come sottolineato da Palazzo, I profili di diritto sostanziale della riforma penale, www.sistemapenale.it, settembre 2021, pag. 14.

[3]     Palazzo, Crisi del carcere e culture di riforma, Diritto penale Contemporaneo n. 4/2017, pag. 10)

[4]     Mannozzi, La Giustizia senza spada. Uno studio comparato su giustizia riparativa e mediazione penale, Giuffrè editore, pag. 271; Mannozzi- Lodigiani, La Giustizia riparativa. Formanti, parole e metodi, Giappichelli, pag. 362.

[5]     Eusebi, Dibattiti sulle teorie della pena e “mediazione”, in Rivista italiana di diritto e procedura penale, Giuffrè,1997, pag. 813 e ss.

[6]     Capasso, Una nuova forma di politica criminale. La giustizia riparativa nella riforma Cartabia, in www.unicost.eu.

 

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