FOTOGRAFI IN GIUDIZIO E IN MEDIAZIONE. – dell’avv. Laura Gringeri

Condividi questo Articolo

Condividi su facebook
Condividi su linkedin
Condividi su twitter
Condividi su email

In questo articolo si tratterà delle controversie coinvolgenti fotografi, dei rimedi giudiziari esistenti
per l’illegittimo utilizzo di fotografie, delle difficoltà e incertezze inerenti i contenziosi giudiziari,
delle possibili strade alternative per la risoluzione di controversie inerenti fotografie.
Le questioni che possono portare un fotografo, in situazione di contenzioso con altri, possono
essere per lo più le seguenti: riproduzione del tutto abusiva di fotografie da parte di terzi;
riproduzione di fotografie al di fuori dei confini che il fotografo ritiene di avere consentito;
riproduzione di foto senza menzione del fotografo quale suo autore; qualifica della fotografia
(creativa, semplice o documentale); situazioni di disaccordo o poca chiarezza nei rapporti con case
editrici, giornali, gallerie, stampatori, organizzatori di concorsi fotografici, altri fotografi, clienti
committenti in genere; contestazioni e pretese da parte di persone fotografate.
L’utilizzo abusivo di fotografie, legittima il fotografo titolare dei diritti lesi ad agire in giudizio per
ottenere: l’accertamento del suo diritto (accertamento che sovente include anche quello inerente
la tipologia di foto, se cioè creativa o semplice, posto che l’estensione e la durata della tutela può
essere differente); l’inibitoria e cioè il divieto a che prosegua l’utilizzazione illegittima; la
distruzione e la rimozione delle fotografie illegittimamente pubblicate, riprodotte o diffuse; il
risarcimento dei danni per l’indebita utilizzazione. Anche il mero pericolo di un uso non legittimo
di fotografie, può – a determinate condizioni – consentire il ricorso all’autorità giudiziaria per
ottenere provvedimenti cautelari di inibitoria.
La competenza giudiziaria, in Italia, è per materia: (i) delle sezioni dei tribunali specializzate in
materia d’impresa, se la controversia riguarda o include anche aspetti di accertamento di diritti
autorali sulle fotografie; oppure (ii) dei tribunali ordinari, qualora la controversia riguardi questioni
ordinarie, non necessariamente connesse ad aspetti autorali (ad esempio: se, in base ad un
contratto con un proprio committente, il fotografo reclami il mancato pagamento del corrispettivo
convenuto). Dal punto di vista territoriale, salve particolarità del caso concreto, il tribunale
competente è generalmente individuato in considerazione del luogo ove risiede o ha sede la parte
convenuta oppure in ragione del luogo in cui si è verificato il danno, luogo quest’ultimo che in
alcuni casi (ad esempio nel caso di lesione di diritti della personalità) può coincidere con quello
della residenza o sede del soggetto danneggiato. Se poi la controversia non fosse di rilievo
prettamente italiano, ma includesse elementi di internazionalità (es. parti di nazionalità diversa,
residenti in stati diversi, etc.), gli elementi da considerare ai fini della individuazione della
giurisdizione (se italiana o di altro stato) e della competenza territoriale (luogo del tribunale a cui
rivolgersi), nonché della legge sostanziale applicabile, sarebbero non pochi e da considerarsi caso
per caso.
I danni (per l’utilizzo senza consenso di uno scatto fotografico), necessitano sempre di prova da
parte del fotografo che li chiede in giudizio. Quelli patrimoniali vengono solitamente liquidati dai
tribunali secondo il c.d. criterio del “prezzo del consenso” e cioè il compenso che la parte lesa nei
suoi diritti avrebbe presumibilmente chiesto, per concedere il suo assenso alla pubblicazione / uso
della foto. Tale prezzo può essere in concreto ricavato: da tariffe applicate dalle parti in causa, nei
rapporti tra loro o con altri; oppure da tariffari di corrente uso sul mercato (quale ad esempio
quello della SIAE). I danni non patrimoniali, connessi a violazione di diritti morali di paternità della
foto realizzata, sono molto difficili da dimostrare; inoltre non sempre vengono ritenuti spettanti,
con riferimento alle fotografie qualificate semplici.

Quanto ai tempi e alle probabilità di un buon risultato giudiziario, lo scenario attuale non è
purtroppo entusiasmante per i fotografi. Un grado di giudizio in Italia dura in media almeno un
paio d’anni (meno i procedimenti cautelari, i cui presupposti sono però piuttosto limitati e
stringenti) e, mediamente, non costa meno di quattromila – cinquemila euro. Se poi la sentenza di
primo grado venisse impugnata i costi aumenterebbero e spesso, in concreto, anche la provvisoria
attuazione di quanto deciso in primo grado rimane nel frattempo inattuata. Se si perde, i costi
possono raddoppiare per effetto del rimborso di spese di soccombenza a controparte. Se si vince,
la vittoria potrebbe essere solo parziale e lasciare un po’ di amaro in bocca, perché il giudice (che
magari non era neppure un esperto di fotografia) ha colto solo alcuni aspetti della vicenda o
perché la parte avrebbe in realtà voluto qualcosa d’altro, che esulava però dal perimetro delle
cose chiedibili in ambito giudiziario, perché dopo il giudizio il rapporto tra le parti litiganti in causa
ne è uscito logorato e del tutto non recuperabile.
Recentemente, occupandomi di una questione giuridico fotografica, mi sono trovata a leggere
nella medesima giornata in sequenza una quindicina di sentenze (del periodo 2017 – 2024) 1 , rese
ad esito di giudizi inerenti l’utilizzo non autorizzato di fotografie. Al di là della questione specifica
che mi spingeva alla lettura, il pensiero con cui la ho terminata è stato in sintesi il seguente: “I
risultati giudiziari per i fotografi sono per lo più piuttosto deludenti”. In base alle sentenze
esaminate, le domande della parte che aveva promosso il giudizio (fotografo o cessionario di suoi
diritti): in nove casi sono state integralmente respinte, quasi sempre anche con condanna al
pagamento della spese legali alla controparte; in un caso hanno avuto un buon esito (in termini di
importi riconosciuti al fotografo e recupero delle spese legali sostenute); nei restanti casi hanno
avuto un accoglimento parziale, ma in termini di risultato economico (risarcitorio) nettamente
inferiore alle aspettative, con recupero delle spese legali sostenute anch’esso solo parziale se non
nullo. Il tutto, in ogni caso, dopo mediamente almeno un paio d’anni per un grado di giudizio.
La strada giudiziaria non è però l’unica percorribile.
Metodi alternativi di risoluzione delle controversie, quali la mediazione (di cui al d.lgs. n. 28/2010)
e la negoziazione assistita (di cui al d.l. 132/2014), finalizzati entrambi al raggiungimento di un
accordo conciliativo tra le parti, possono essere utilizzati per la risoluzione di contenziosi inerenti
fotografie. In Italia, per controversie inerenti determinate materie, il ricorso a tali metodi
alternativi di risoluzione delle liti è condizione di procedibilità della domanda giudiziale. Alcune di
tali materie sono potenzialmente pertinenti anche contenziosi fotografici. Specificamente: (i) la
mediazione va preliminarmente esperita in relazione a controversie inerenti il contratto d’opera; e
in tale tipologia contrattuale potrebbe ricadere anche il contratto tra un fotografo e un suo
committente; (ii) sempre la mediazione va preliminarmente esperita in relazione a controversie
inerenti la diffamazione con il mezzo della stampa o con altro mezzo di pubblicità; e la
pubblicazione di foto nel contesto di articoli giornalistici può avere, a volte, effetti diffamatori per
persone ritratte; (iii) la negoziazione assistita è invece condizione di procedibilità per chi intenda
proporre in giudizio una domanda di pagamento, a qualsiasi titolo (quindi contrattuale o
extracontrattuale che sia), di somme non eccedenti cinquantamila euro (fino a detto importo,
pertanto, un fotografo che intendesse chiedere riconoscimenti economici o una persona che
intendesse chiedere danni per l’utilizzo indebito in foto altrui della propria immagine o

dell’immagine di proprie opere o cose particolari, dovrebbe preliminarmente esperire un tentativo
di negoziazione con l’assistenza di avvocati).
Su base volontaria la mediazione può inoltre essere attivata con riferimento a qualsiasi tipologia di
controversia inerente diritti disponibili, ambito questo a cui sono senz’altro riconducibili
controversie in cui un fotografo possa trovarsi coinvolto, quali ad esempio quelle relative alla
indebita riproduzione non autorizzata di sue fotografie (ad esempio su giornali, siti web, materiali
promozionali altrui), al riconoscimento del carattere creativo o meno delle stesse, alla
regolamentazione delle modalità di utilizzo delle sue foto.
Inoltre, dato che offre maggiori garanzie (comportando la presenza di un terzo imparziale,
neutrale e indipendente quale il mediatore), la mediazione può anche essere per lo più attivata in
sostituzione della sopra menzionata negoziazione con l’assistenza di avvocati.
In quanto metodo alternativo di risoluzione delle controversie e non giudizio, la mediazione –
avanti un organismo iscritto nell’apposito registro ministeriale e suo mediatore, terzo imparziale,
neutrale, indipendente rispetto alle parti, che non le giudica, non decide per loro, bensì opera
come facilitatore della comunicazione e negoziazione tra le parti – può essere una buona
opportunità per le controversie inerenti fotografie.
Le controversie inerenti fotografie possono, infatti, avere spesso dei confini particolarmente
incerti ed esiti sovente altrettanto non sicuri per i fotografi. Si pensi, ad esempio, a tutte le
controversie fotografiche che in qualche modo includono la previa qualificazione del carattere
creativo o meno di una fotografia, da cui dipende la piena tutela autorale. In sede giudiziaria, alla
normale alea di giudizio, finisce per aggiungersi quella derivante da valutazioni anche soggettive,
da parte dei giudici, i quali non necessariamente (e quindi non sempre) sono muniti di specifica
competenza tecnica e preparazione culturale specifica in materia di fotografia. Gli importi
risarcitori che vengono liquidati in sede giudiziaria sono, inoltre, per lo più piuttosto esigui e
ottenibili con tempi comunque lunghi.
Conseguentemente, una soluzione conciliativa (nella quale per definizione nessuno vince o
perde), negoziata in un contesto coperto da riservatezza quale è quello del procedimento di
mediazione, in cui anche le parti possono direttamente e personalmente (e quindi non solo – come
avviene in giudizio – tramite gli atti scritti dei rispettivi avvocati) confrontarsi ed esprimersi su
aspetti concreti, può consentire (rispetto ad un percorso avversariale e formale quale è un
procedimento giudiziario): (i) di evitare il rischio di risultati giudiziari deludenti, se non del tutto
sfavorevoli; (ii) di considerare e recepire nell’accordo conciliativo soluzioni e percorsi di contenuto
molto più articolato e variabile rispetto a quello che può essere l’esito di un giudizio; (iii) il
raggiungimento di una soluzione concreta soddisfacente per le parti, voluta dalle stesse, non
imposta dall’alto; (iv) la definizione della controversia in tempi ragionevoli (tendenzialmente pochi
mesi) e con costi inferiori a quelli connessi ad un percorso giudiziario; (v) la salvaguardia di
rapporti tra le parti; (vi) la conclusione di un accordo, che (se appunto concluso nel contesto di un
procedimento di mediazione a sensi del d.lgs. n. 28/2010) avrebbe efficacia esecutiva (in sostanza
come una sentenza ottenuta dopo anni di contenzioso giudiziario o come una transazione
stipulata per atto notarile).
Il risultato positivo di un procedimento di mediazione non è ovviamente una certezza e dipende
molto dallo spirito costruttivo e di correttezza con cui le parti si pongono al tavolo della
negoziazione. La presenza e l’apporto di un mediatore terzo imparziale, al tavolo del confronto e
della negoziazione, può comunque essere di significativo aiuto, per stemperare punti di impasse,
di fraintendimento e non comprensione tra le parti, nonché per fare emergere interessi e soluzioni
che possano (magari anche inaspettatamente) portare ad una soddisfacente e pragmatica
chiusura della lite. In conclusione, sebbene sia attualmente ancora poco utilizzata, la mediazione

può essere, per le controversie inerenti fotografie, una opportunità e una strada alternativa,
senz’altro da considerare.

 

 

1 Tribunale Roma n. 13045 / 2017; Tribunale Roma n. 14758 /2019 ; Tribunale Roma n. 7659 / 2020; Tribunale di Milano
n. 2539/2020; Tribunale di Milano n. 3108 / 2020; Tribunale Roma n. 4361 /2021; Tribunale di Torino n. 3768 / 2021;
Tribunale Bologna n. 1629 / 2021; Corte d’ Appello di Milano n. 1445 /2022; Corte d’Appello di Milano n. 1707/2023;
Tribunale Napoli n. 2573/2023; Tribunale di Bologna n. 1772/2023; Tribunale Milano n. 6878/2023; Tribunale di Venezia
n. 685/2024; Tribunale di Milano n. 5635/2024.

Altro da visitare

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *