Contenuto della domanda di mediazione e della successiva domanda giudiziale in materia successoria (breve nota a Trib. Genova 11 febbraio 2025, G.U. Dott.ssa Alessandra Mainella ) – dell’avv. Giuseppe Piccardo

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La sentenza del Tribunale di Genova numero 381 del 11 febbraio 2025 che brevemente si
commenta è particolarmente interessante laddove tratta , congiuntamente, il tema della simmetria
tra domanda di mediazione e successiva domanda giudiziale e quello della natura della collazione,
in rapporto all’azione di riduzione e di divisione ereditaria.
La vicenda oggetto della sentenza del Tribunale ligure trae origine da un’azione giudiziaria
proposta da una coerede della de cuius, nei confronti di altra coerede, volta al riconoscimento
dell’obbligo di collazione, da parte di quest’ultima, di una serie di donazioni ricevute in vita dalla
defunta e dal di lei marito, padre delle parti in causa.
La controparte, costituitasi in giudizio eccepiva, preliminarmente, l’improcedibilità della
domanda per asimmetria tra il procedimento di mediazione svolto e la domanda oggetto di atto di
citazione, qualificata come domanda di riduzione, nonché la prescrizione del diritto fatto valere.
Il Tribunale di Genova, preliminarmente, qualificava la domanda di parte attrice come domanda di
mera collazione, strumentale alla divisione ereditaria, non essendo stata richiesta né azione di
riduzione, né, espressamente, lo scioglimento della comunione tra i coeredi.
La giudicante, quindi, partendo dall’analisi della ratio e del rapporto tra collazione, azione di
riduzione e divisione ereditaria, rilevava ‘impossibilità di ritenere la collazione come un’azione
proponibile autonomamente e distintamente, rispetto alla domanda di formazione della massa
ereditaria da dividere, in quanto prodromica alla divisione stessa (principio già affermato dalla
giurisprudenza di legittimità: Cass. 10478/15;Cass. 18054/2004; Cass. 26486/2019).
Pertanto, come testualmente si legge in sentenza, “In assenza di una contestuale richiesta di
divisione della massa, va dichiarata l’inammissibilità della domanda di parte attrice”, con
conseguente condanna alla rifusione delle spese di lite per soccombenza ma anche, come precisa il
Tribunale, delle spese di mediazione obbligatoria, in quanto assimilate a quelle del processo,
“essendo la mediazione una fase prodromica e necessaria dello stesso” ed essere regolate,
anch’esse, in forza del principio della soccombenza.
La sentenza è interessante laddove consente di esprimere alcune considerazioni con riferimento no
solo all’istituto della collazione, ma anche alla questione della specularità perfetta tra contenuto
dell’istanza di mediazione e dell’atto di citazione.
Il riferimento normativo, al fine dell’inquadramento generale della questione, è l’articolo 4, comma
2 del D.Lgs. 28/2010, secondo il quale l’istanza di mediazione deve contenere, necessariamente,
l’indicazione dell’organismo, delle parti, dell’oggetto e delle ragioni della pretesa, similmente a
quanto previsto dall’articolo 125 c.p.c., in relazione al ricorso giudiziale e dall’articolo 167 c.p.c.,
con riferimento all’atto di citazione e, quindi, l’indicazione dell’ufficio giudiziario, delle parti,
dell’oggetto, delle ragioni della domanda nonché delle conclusioni.
Secondo la tesi più restrittiva, espressa, tra l’altro, in un precedente del Tribunale di Roma (Trib.
Roma 11 gennaio 2022, n. 259), sul presupposto secondo il quale per ciascun tipo di atto
processuale vi sono specifiche previsioni normative, il contenuto dell’art. 4 D. Lgs. 28/2010
deve essere ritenuto speculare a quello dell’articolo 125 c.p.c., con conseguente necessità
di simmetria tra i fatti rappresentati in sede di mediazione e quanto esposto in sede
processuale, quantomeno sui punti principali e sulle domande formulate.
Diversa la tesi espressa, dal medesimo Tribunale, in altre pronunce, laddove ritiene
tollerabile un margine di scostamento fra l’oggetto della citazione e quello dell’istanza di

mediazione, soprattutto quando l’istante non sia, incolpevolmente, a conoscenza di tutti i profili
della domanda.
La questione risulta affrontata anche dal Tribunale di Verona, con la sentenza del 26 aprile
2021, relativa ad una controversia in materia bancaria, nella quale l’istituto di credito
convenuto aveva eccepito l’improcedibilità della domanda giudiziale per mancato
esperimento del procedimento di mediazione in un’ipotesi di mediazione obbligatoria, in
quanto in tale sede non erano state indicate alcune voci di danno, specificate, invece, nel
successivo atto di citazione.
Il Tribunale della città veneta ha deciso per l’infondatezza dell’eccezione di cui sopra, affermando,
a tale proposito, che la difformità tra istanza di mediazione e atto di citazione, con riferimento
all’oggetto e alle ragioni della pretesa, è rilevabile quando, nel giudizio di merito, la domanda
presenti un petitum più ampio e sia fondata su fatti costitutivi ulteriori rispetto a quelli dedotti
nell’ambito della procedura stragiudiziale.
Di recente, il Tribunale di Torino con la pronuncia n. 1519 del 5 aprile 2023, in una controversia in
materia successoria in cui l’attore ha proposto  azione di riduzione verso i due coeredi, senza
tuttavia specificare la domanda di restituzione della sua quota di spettanza delle somme presenti nel
conto corrente e i convenuti si costituivano chiedendo, in via preliminare, l’improcedibilità della
domanda, visto il mancato previo esperimento della mediazione obbligatoria con riferimento al
conto corrente caduto in successione, ha
affermato la non necessità di una perfetta simmetria tra istanza di mediazione e domanda giudiziale,
essendo sufficiente che i fatti posti a fondamento della successiva domanda giudiziale sino stati
enucleati nella domanda di mediazione, a nulla rilevando l’esatta qualificazione giuridica della
vicenda (in conformità a Cass. n. 29333/2019)
Come emerge dalle difformità di opinioni, tra i giudici di merito, la questione non può dirsi definita
e rimane aperta. Peraltro, con riferimento al caso di specie, la questione potrebbe assumere la
seguente connotazione: se la sola domanda di collazione comprenda, in sé, anche quella di
divisione, anche qualora non esplicitata.
Lo scrivente rileva, a conclusione della presente nota, come il problema della coincidenza tra
oggetto della mediazione e del giudizio debba essere posto da un duplice angolo visuale.
Da un lato, con riferimento alla necessità di una perfetta coincidenza tra istanza di mediazione e
domanda giudiziale, in quanto la mediazione è condizione di procedibilità della domanda giudiziale,
con la conseguenza della necessità dell’instaurazione del contraddittorio su tutti i punti controversi,
sin dal procedimento di mediazione.
Il secondo, e ultimo, quello, invece, correlato alla necessità di evitare che la mediazione venga
assimilata, concettualmente, ad un giudizio ed al suo necessario formalismo, con conseguente
snaturamento della mediazione come strumento diverso dal giudizio civile, collegato agli interessi
ed ai bisogni delle parti.

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